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FATIHA

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Aug 13, 2022

ANALISI DELLA RIPARTENZA - IL VOTO SOTTO LA LANTERNA

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Jun 23, 2022
Provo a unire due cliché, “l’analisi della sconfitta” e “si riparta da…”, per cercare di dire qualcosa d’originale.A volte ci riuscirò, spesso no.Per cui una nota a margine: leggeremo molte analisi e considerazioni sull’ultimo voto amministrativo a Genova e il sentimento più naturale è di voler prendere la testa di chi ha scritto e provarla ad aprirla in maniera più o meno gentile per farci entrare qualcosa dentro, oppure proveremo immensa gioia, voglia di baciare e abbracciare chi ha scritto quella particolare riflessione in cui ci rispecchiamo e ci fa sentire un po’ meno soli.Per cui vi chiedo di trattenervi dall’aprirmi il cranio o baciarmi con afflato, leggete, riflettete, annotate le vostre impressioni e leggetene altre.Arriveremo a capirci qualcosa di quanto sta accadendo alla nostra città e alla nostra area politica se ricominceremo ad ascoltare e ad accettare che solo dal cucire le prospettive dei singoli ci si può avvicinare alla visione d’insieme, a una qualche verità o per lo meno una strada da percorrere.Iniziamo quindi con un primo passo.Guardiamoci attorno per capire dove andare.Analizzerò la situazione andando dall’alto in basso, seguendo le schede elettorali che avevamo in mano il 12 Giugno.L’elezione del Sindaco, del Consiglio Comunale (liste e preferenze), e l’elezioni Municipali, Presidenti, liste e Consiglieri eletti. I CANDIDATI SINDACOMolto inchiostro si sta usando per sottolineare quanto il risultato di Bucci sia da mettere in prospettiva con i numeri assoluti e non solo le percentuali.C’è un fondo di verità, ma con alcuni dati possiamo vedere i limiti di questa narrazione consolatoria che di fatto ci dice che c’è una soluzione magica a queste continue sconfitte della “Genova progressista” a partire dal 2015: mobilitare “i nostri”.Sì, ma non solo.Confrontare i numeri assoluti fra una elezione e l’altra è fuorviante. È dall’inizio del secolo che Genova a ogni ciclo elettorale perde (mediamente) tra i 12 e i 13 mila abitanti. Cioè Genova si restringe: è come se ogni cinque anni perdiamo un quartiere delle dimensioni di Voltri, poi Nervi e poi Pontedecimo, e così via.La Genova di Pericu era più grande e più giovane, quella di Bucci si è ristretta demograficamente di circa l’8%. Se nel 2002 c’erano 12 genovesi, ora ce ne sono 11.Frasi del tipo che Bucci è il Sindaco meno votato della storia della città sono quantitativamente vere, ma nei fatti una distorsione che non ci aiutano a comprendere la realtà.Per cui non basta mobilitare il cosiddetto fantomatico elettorato di sinistra per recuperare le glorie perdute, pensare che l’astensionismo sia un agglomerato omogeneo di delusi di sinistra è pura illusione. E non c’è bisogno che citi dei dati per confermare tale fatto.Soprattutto questa lettura porta la “Genova progressista” a guardarsi il proprio ombelico e a dividersi tra chi accusa gli altri di non aver fatto la tal cosa per appassionare l’elettorato che ha preferito il divano, e chi, invece accusa l’elettorato o quel gruppo di elettori d’aver scelto il divano anziché difendere la Genova del colore giusto.Bucci ha raggiunto il suo risultato sicuramente anche grazie ai limiti del centrosinistra, ma c’è del suo. Lasciamo da parte il personaggio che si è creato, la comunicazione, il Sindaco-Commissario, etc. Il centrodestra di Bucci è qualcosa di radicalmente diverso dal centrodestra genovese precedente al 2015.Ancora nel 2017 il centrodestra aveva pochi candidati, poche liste e un’area culturale di riferimento legata ai suoi partiti tradizionali. Oggi, nel 2022, si è presentato con una coalizione ampia guidata dalla “Lista Bucci” e la “Lista Toti”. Possiamo discutere ore del sostegno di Renzi e Calenda a un candidato Sindaco sostenuto da Fratelli d’Italia e Lega, ma la loro scelta è la conseguenza del fatto che dietro al rieletto Sindaco c’è una coalizione ampia e varia.In maniera simile (lascio a voi decidere se metterle sullo stesso piano) alle coalizioni di Burlando che con una battuta diceva andavano da Don Gallo a Monteleone (ex deputato UDC).Personalmente critico i metodi con cui le coalizioni di Burlando e Bucci si sono formate, troppo legate alle sigle e al potere, agli interessi più o meno particolari. Ma dall’elezione di Obama alla scelta del Sindaco di paese si vince con progetti e messaggi inclusivi, ampi, o per lo meno grandi abbastanza.È necessario quindi superare quindi gli steccati ideologici ed evitare le contrapposizioni specialmente quando si è in una posizione di svantaggio.Il centrodestra ha fatto campagna elettorale in luoghi in cui prima non ci si avvicinava e ha candidato persone provenienti da comunità che prima guardavano altrove o non erano ascoltate.Dobbiamo inorridire e reagire di fronte all’intolleranza e alle idee politiche delle destre a Genova come altrove, ma allo stesso tempo comprendere le dinamiche particolari del loro successo.Passando al campo sconfitto, io spero vivamente che le analisi su Ariel Dello Strologo non si soffermino sulla sua natura di candidato, ma su come la coalizione di riferimento sceglie e costruisce le candidature.Ogni persona, e quindi ogni candidato ha dei limiti, ma su quei limiti ci si lavora e si costruisce una squadra e una strategia per mettere in luce i punti di forza e compensare i lati più deboli.È un lavoro che richiede tempo e capacità.A volte le primarie sono un tassello importante di tale lavoro, a volte se ne può fare a meno. Pensare che le sole primarie bastino è illusione, credere che non facendo le primarie il resto si aggiusti da sé è folle.Le dirigenze del centrosinistra sono state folli, Ariel Dello Strologo ci ha messo tutto se stesso per fare del suo meglio.Punto.Faccio quadrato su un candidato che ho incontrato una sola volta e per cui non provai una particolare affinità quando si fece il suo nome. Però ho osservato la campagna elettorale che ha condotto, il lavoro inclusivo con cui ha costruito la sua lista, e sapendo bene quanto è facile fare scivoloni nel mentre i riflettori sono sempre addosso credo gli si debba dire grazie e fargli dei complimenti.Le critiche che posso fare non sono per evidenziare errori, ma cose che potevano essere fatte meglio. Per esempio è da evidenziare come la sua lista l’abbia costruita tramite un lavoro inclusivo, però purtroppo quel che è uscito fuori è stato solo il tentato messaggio “il mondo centrista è con me, non sta andando verso Bucci”. Il messaggio ci poteva anche stare, ma ha coperto la pluralità della sua lista, che non ha fatto un risultato strabiliante, ma onorevole, coinvolgendo vari gruppi troppo spesso snobbati.Insomma la lezione è la solita non bisogna essere centristi, ma centrali. A volte le due cose si sovrappongono in parte, spesso sono concetti diversi.Dello Strologo poteva mettere meglio a fuoco i due concetti, ma non è cosa semplice, soprattutto in Italia dove siamo maestri nell’impantanarci nel centrismo, o meglio nel centrino. IL VOTO COMUNALEFarà parte del Consiglio Comunale oltre al Sindaco e ad Ariel Dello Strologo anche il candidato Sindaco Crucioli, e la sua lista si è affermata in quasi tutti i Municipi con un* elett*.È un segnale preoccupante, non solo abbiamo la coalizione di maggioranza relativa (a livello nazionale) guidata da Fratelli d’Italia, ma fuori dai blocchi c’è spazio per altre formazioni che pescano dalle cloache di pensiero filo-Putin, no-vax e contro il processo d’integrazione europea.Nel mentre si osserva il possibile evolversi di un “centro”, gli estremi si stanno ri-amalgamando e prendendo nuove forme al di sotto dei radar.Sarebbe colpevole far finta di nulla, urlare ai fascismi quando serve elettoralmente e poi alzare le spalle quando ITALEXIT si camuffa sotto forma di lista civica e supera abbondantemente il 3%.Passiamo alle liste che hanno composto la coalizione di centrosinistra e 5 Stelle.L’elemento più semplice da analizzare sono appunto i 5 Stelle. Anziché cogliere gli elementi di novità e il grido proveniente dall’elettorato del MoVimento nel 2013 (e negli anni precedenti) e trasformarlo in programma di governo attraverso un’alleanza puntuale, il centrosinistra e il PD in particolare ha aspettato e mandato al macero anni fondamentali per lasciare che fosse il centrodestra a ripensarsi e così capace di mangiare pezzi del fu elettorato grillino.Solo adesso che i 5 Stelle sono diventati un piccolo orticello, luogo di battaglie personali, allora il PD ci si rispecchia e tenta un alleanza formale, strutturale che sa tanto di preservazione del potere. Le idee, i programmi, le posizioni sull’Europa, sui vaccini, “i taxi del mare”, le vicinanze geopolitiche alla Russia di Putin, alla Cina, etc. è tutto dimenticato.Il risultato che ora, in una delle città simbolo dei 5 Stelle, quello stesso partito è il nano della coalizione col suo 4,40%.La cornice entro cui valutare il risultato del PD sta nel costruire coalizione intorno a sé, non in quanti voti col naso turato si prende. Ma probabilmente ai suoi dirigenti locali ciò non interessa. Invece, l’analisi che si legge più facilmente tra le file democratiche è “abbiamo perso, ma il PD ha tenuto”.È da 30 anni che la politica italiana ha scelto la follia delle coalizioni pre-elettorali, ma anche se queste (finalmente!) sparissero domani la forza di un “partito di governo” non si misura solo dai voti che prende, ma dalla capacità di creare alleanze intorno a una visione politica.Senza allargare troppo lo sguardo, possiamo vedere come il PD genovese appaia sempre meno interessato a governare, ma cerca invece di stare il più comodamente possibile all’opposizione. Credendo che un giorno ritornerà il proprio turno.L’alternativa all’apatia del PD dovrebbe essere un altro soggetto politico, anche solo a livello locale, nello stesso campo, ma con nuove idee e maggior capacità di coinvolgimento.Purtroppo non c’è nulla di tutto ciò all’orizzonte, perciò ampie fette dell’elettorato guardano intorno al PD, sperano per un po’ in qualche esperimento del momento, e poi si turano il naso.La dirigenza del PD scambia ciò per consenso.Per fortuna al di fuori delle gabbie della dirigenza qualche elemento di speranza emerge anche tra le preferenze ai candidati del PD. Cristina Lodi, seppur figlia di una lunga tradizione di corrente interna al PD, col suo risultato, prima degli eletti, dimostra come il lavoro consigliare, conoscere l’amministrazione e i problemi cittadini sia la strada per gestire e costruire il consenso. È un insegnamento fondamentale per un centrosinistra che risucchia le sue energie più preziose nelle lotte intestine di partito.Altro elemento di speranza è SiMohamed Kaabour. Un candidato indipendente, senza tessera, che mi auguro con tutto il cuore rimanga tale.Genova ha bisogno che il suo impegno sia libero e in grado di rappresentare una coalizione ampia di nuovi genovesi, e portare avanti battaglie di diritti e opportunità.Per me non è stato un bello spettacolo guardare da lontano queste elezioni amministrative, ma un po’ di gioia l’ho sentita nel vedere “Simo” tra gli eletti. Ho sentito che forse fra qualche anno i miei futuri figli potranno rispecchiarsi in una città che non dimentica le proprie radici di città portuale e aperta.L’alternativa al PD, non illudiamoci, non c’è, ma qualcosa si muove.Alternativa non c’è perché come al solito ciò i vari tentativi si auto impongono il limite d’essere “a sinistra del PD” e perché si preferisce la somma alla moltiplicazione, le sigle alle persone.La cosiddetta lista “rosso-verde”, per i pignoli “Europa Verde - Lista Sansa - Linea Condivisa” ha perpetuato fin dall’inizio i suddetti errori.Basta appunto il nome (oltre al logo) per capire come quella lista fosse nata sui presupposti sbagliati, ma i candidati, singolarmente, sono riusciti a scrivere una storia diversa. Una nuova generazione ha preso le redini del progetto e il risultato si può vedere nei Municipi e in maniera ancora più plastica nel Consiglio Comunale con l’elezione di Filippo Bruzzone, Consigliere uscente del Municipio Ponente, e Francesca Ghio attivista dei “Friday for Future”. A questa nuova generazione nelle istituzioni l’ingrato compito di non cadere nelle etichette del passato che hanno portato la loro lista a essere una sommatoria insipida e invece radicarsi nella città.Per potersi radicare nella città gli servirà l’umiltà di collaborare con soggetti al di fuori della loro area politica, essere orgogliosi della loro giovane età, ma non iniziare una battaglia generazionale persa in partenza e soprattutto non essere “angurie” ma veri ecologisti.L’ecologismo politico in Italia si presenta sempre in maniera caricaturale (difesa degli animali prima di tutto e no a ogni cosa) o come surrogato, contorno alla sinistra radical comunista. Appunto “angurie”, verdi fuori ma rosse dentro.L’ecologismo anche in Italia come in buona parte del resto d’Europa deve trovare l’orgoglio di camminare sulle sue gambe e contaminare le altre culture politiche anziché l’inverso.Insomma l’invito a Francesca e Filippo e agli altri eletti della lista e di camminare sul cammino di Alexander Langer, tra i fondatori dei Verdi Europei, che scrisse già negli anni ’80 “È vero, il verde non passa per la cruna dell'ago rosso”.Nei prossimi anni si vedrà quanti passi avranno fatto in quel percorso.Infine c’è la già citata lista del candidato Sindaco “Genova Civica - Ariel Dello Strologo Sindaco”.Come già detto l’errore di mettere in risalto gli elementi centristi all’inizio della Lista, ha coperto quegli elementi di nuova politica che con saggio lavoro di cucitura il candidato Sindaco ha messo assieme.Per esempio entra in Consiglio Comunale Amore Stefano Pietro, che non ho il piacere di conoscere ma rappresenta “DEMOS - Democrazia Solidale” il Partito d'ispirazione cristiano sociale che ha tra le sue file il medico di Lampedusa, ora Euro parlamentare Pietro Bartolo. Inoltre hanno avuto un risultato rilevante i candidati di “Possibile” il partito fondato da Pippo Civati con numerosi candidati che hanno ravvivato la lista per il Comune e in alcuni Municipi.Infine “Volt”, di cui faccio parte, il partito progressista pan europeo è stato motore della campagna elettorale della lista specialmente nel Levante e Medio Levante della città in cui ha eletto la sua co-coordinatrice Chiara Barbieri. Un risultato meritato frutto di anni di lavoro, ascolto e campagne.Ecco, un fondamentale tassello della ripartenza dovrà essere la nuova politica, centrale rispetto le sfide di oggi e domani, che Dello Strologo ha saputo aggregare. I MUNICIPINel 2012 all’indomani delle primarie tra Vincenzi e Doria, vinte dal secondo, un allora deputato durante un’assemblea a Sestri Ponente raccontò di un dialogo che ebbe con un operaio della Fincantieri il quale votò Doria convintamente, soprattutto come scelta di protesta contro la dirigenza del PD genovese. A quel punto il deputato gli chiese “ma se avessimo candidato la Vincenzi, senza primarie, l’avresti votata?” L’operaio rispose che si l’avrebbe votata. Per il deputato il discorso era chiuso e la morale presto detta: dovremmo avere più fiducia nella capacità di mobilitazione della “disciplina di partito” e non perdere tempo dietro alle primarie o altri strumenti di ascolto e scelta che confondono e dividono.Dieci anni dopo, nel Municipio di Sestri Ponente il candidato del centrosinistra, ex Vice Sindaco e probabilmente l’ultimo dei funzionari del fu PCI, perde la corsa per la Presidenza del Municipio.L’arroganza di quel deputato, ancora influente, incarna gli errori e le ragioni di come nel mio Municipio in due elezioni si sia passati da un centrosinistra al 72% nel 2012, poi una coalizione che fu in grado nel 2017 di guadagnarsi il premio di maggioranza con qualche fatica, per arrivare a oggi nel 2022 un centrosinistra che perde così come in altri sette Municipi.La realtà è che la disciplina di Partito bisogna anche guadagnarsela, e il PD genovese è da anni che fa di tutto per perdere quel rispetto che pensa sia dovuto.Per i Municipi sono state fatte molte scelte infelici. Diversi candidati Presidenti in gamba sono stati trascinati in basso non solo dal risultato comunale, ma anche da una guerra-trattiva oscena sulla scelta dei nove candidati Presidenti in cui tutti ci hanno perso.Guarda caso i due Presidenti riconfermati del “CSX-5S” sono i due che hanno potuto fare campagna elettorale per tempo con liste fatte di gente radicata invece che doversi difendere dal fuoco amico.Un perfetto esempio di ciò è l’ottimo risultato di Federico Romeo in Valpolcevera che se nel 2017 fu eletto a fatica, senza aver diritto al premio di maggioranza, con questa tornata vince agevolmente soprattutto grazie alla sua lista civica che raccoglie oltre 2000 voti in tutto il Municipio.Una risalita della china che è controcorrente col risultato generale e da cui quindi c’è da imparare.Tra il Medioponente e la Valpolcevera c’è un quartiere, Borzoli, che è di confine. Il centrosinistra genovese dovrebbe riunirsi lì. Dovrebbe riflettere sui suoi errori, sulle persone e le comunità che non ha saputo valorizzare e allo stesso capire come mobilitare le varie fasce dell’elettorato a partire dai più giovani. Dovrebbe parlare di temi concreti e costruire classe dirigente locale intorno a idee serie per i nostri quartieri.Mettere da parte simboli e arroganze di Partito è il primo passo.In breve, ciò che non è stato fatto per lo meno negli ultimi dieci anni a Sestri Ponente e Cornigliano.Nel 2017 anche per tenere viva l’esperienza amministrative del mandato precedente fui tra i fondatori di un progetto civico locale, “Il Prossimo Medioponente”, il quale prese quasi 2000 voti. In questi anni la politica locale ha fatto di tutto per distruggere tale esperienza anziché farne tesoro.Da questo auspicabile incontro di Borzoli non si dovrebbe uscire incensando o condannando questa o quella persona, questo o quel candidato. La questione è di metodo.Ed è chiaro che se si svalica la collina di Borzoli verso nord qualcosa si è capito, se si svalica verso sud, la bussola si è rotta, da molto tempo.Mentre quel deputato parlava l’ho vista ruotare all’impazzata senza alcun senso. IN CONCLUSIONE, O MEGLIO PER RIPARTIRECiò da cui ripartire per me si evince in maniera abbastanza naturale da questo voto, e con ogni elezione che analizzo, ogni anno che passa, affino sempre più una visione che è dal 2015 che porto avanti, ma in realtà già da molto prima.Il centrosinistra deve mettere al centro del suo progetto Genova e la Liguria. Abbandonare le sigle e le etichette per presentarsi in maniera totalmente civica.Per cui costruire prima di tutto un messaggio, un programma, una storia e il consenso necessario intorno ai propri candidati Presidenti e Sindaco.Ma ciò non basterà, questo processo non può essere dall’alto verso il basso, ma al contrario deve partire dai territori.Dobbiamo essere creativi e costruire associazioni politiche di quartiere che diano forma a classe dirigente locale con squadre di persone radicate, attive nel sociale.Non è il lavoro di una campagna elettorale, ma il lavoro di almeno un mandato, cinque anni.Costruire realtà civiche e classi dirigenti locali, di quartiere, può sembrare un lavoro sconnesso che manca d’unità, d’insieme. Per questo in parallelo servirà un’aperta dinamica e vulcanica discussione su che idea di città abbiamo. Un vulcano non come il Vesuvio che fa paura nel suo silenzio, ma la vivacità e fertilità dell’Etna che è infatti è celebrato in siciliano come “Mungibeddu”, il “buon monte” possiamo tradurre.Da quando sono nato che sento parlare della necessità d’avere una “visione di città”, si diceva dobbiamo guardare lontano alla Genova del 2020, eccoci in questo decennio e ancora niente.Provo a mettere sul piatto un metodo per rendere più semplice e concreta questa “visione di città” da costruire: partiamo dagli occhiali.Cioè con gli occhi di chi vogliamo guardare Genova per immaginarne una diversa?Se il centrodestra ha trovato la sua incarnazione in un dispotico uomo ultra 60enne, la Genova progressista può costruire una Genova diversa guardando alle nostre strade e ai nostri problemi con gli occhi delle giovani donne tra i 25 e i 45 anni. Coloro che stanno per costruire una famiglia oppure la tengono assieme e sanno che la città più anziana d’Italia (dopo Trieste se non vado errato) è sulle loro spalle.Guardiamo Genova con i loro occhi, mettiamoci i loro “occhiali”, ascoltiamo. La tanto agognata “visione di città” verrà da sé.Una Genova per le famiglie, dove lavorare e vivere bene.Per cui agli eletti in Consiglio Comunale, penso a SiMohamed e a Francesca, e a tutti gli altri che ho citato, i candidati Presidenti ingiustamente sconfitti penso soprattutto a Roberto in Val Bisagno e a Serena a Levante, e alla nuova politica di Volt, e gli altri gruppi politici troppo spesso snobbati, spetta il compito di fare squadra, lavorare bene nelle istituzioni, ma soprattutto andare fuori, tra i cittadini.A mettere radici.I frutti arriveranno.Alberto Spatola

I'm an ex-pat in the EU | Sono un expat nell’UE

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Nov 15, 2021
The House of European History, Bruxelles [Italiano in fondo]  ♫ I’m an alien, I’m a legal alienI’m an Englishmen in New York 🎝♫ Oh-oh ! Un peu en exil,Étranger dans votre ville,Je suis Africain à Paris 🎝In these ways, Sting and Tiken Jah Fakoly sing being in another continent, being immigrant, or as we often reserved just for white “mobile citizens”: ex-pats.Which melody should we dedicate, instead, to those that move across the borders within the European Union?They frequently describe the journey of those changing continents, as a significant shift, overcoming cultural and bureaucratic barriers.Instead, the rhetoric around moving within the European Union cannot be more different: freedom of movement, roaming for mobile internet and calls, health assurance across the Union, low-cost flights and more recently, the “Covid Safety Ticket”; “Green-pass” for the friends.Yes, we have 24 official languages, but you can go everywhere with English and a few local words, especially if you’re young and educated.Hey, we are united in diversity. That’s so cool!This rhetoric is pretty different from the reality on the ground.And for me, living, fostering for a decade the EU rhetoric, finding how incomplete, a lie, yes a lie, the EU promise is right now has been an identity trauma with ups and downs for the last 17 months.In the film “The Ides of March”, George Clooney imagines a charismatic atheist candidate for the US Presidency; who once confronted how to be in the White House without a belief, he answers that he believes in the Constitution, and he will solemnly swear on it.We can discuss if the US of today is up to its promises. Still, there’s no discussion that the US exists and, with it, the American people.I cannot say the same about the EU.I can see its institutions here in Bruxelles every day, and I’m aware of their influence on the politics and laws of the continent.But does the EU exist? I believed in it, but now I cannot feel it at all.States, and even less international organisations, are not real things, have no feelings.They might say on the news that Italy is suffering, France is marching, China is growing, but are they actually suffering, marching, growing? Not at all.The EU, too, has no emotions, but it has the potential to kindle them.I don’t expect nation-states to trigger particular emotions; nations are strange tools of two centuries ago for romanticists weaponised for ethnic cleansing and displacement, leading to the European Civil War that we still call WWI and WWII.The EU claims to be different, a Union based on values.At EU core, compromise, peace, prosperity, Erasmus Generation as the crucial protagonist.The EU claims to be a global example, in clear contrast with the past exploitations.I believed in all these, so I arrived 17 months ago in Bruxelles: the EU informal capital.Only now do I have a proper ID, health coverage, and I can sufficiently interact with offices in everyday life just because I learnt some French.In the Municipal departments for foreigners, it is almost impossible to find someone speaking English. The so-called EU bubble would burst in two seconds without an army of underpaid interns that compete with any possible weapon: higher education, masters, languages and connections.The result is that each year the EU institutions eat and then throw a large part of their best people with something more in their CV that likely most of the people will not understand.And for the rest of Bruxelles, you’re a detached élite working for the Commission, living in the European Quarter, that area that is almost not considered part of the city.We could have a people, the Europeans; instead, we leave without identity and representation those ready to recognise global problems and look for and deliver global solutions.In short, we are wasting the future of a continent, or at least the best chance to have the leadership we need, maybe deserve.Likely, we should sing:♫ Oh-oh! I’m European,and in this societyI don’t know who I am 🎝-----------------------------------------------------♫ I’m an alien, I’m a legal alienI’m an Englishmen in New York 🎝♫ Oh-oh ! Un peu en exil,Étranger dans votre ville,Je suis Africain à Paris 🎝Così, Sting e Tiken Jah Fakoly cantano essere in un altro continente, essere immigrati, o come riserviamo solo per i “cittadini mobile” bianchi: expats.Quale melodia dovremmo dedicare, invece, a coloro che si spostano attraverso i confini dell’Unione Europea?Spesso si descrive il viaggio di chi cambia continenti, come un passaggio importante, superando barriere culturali e burocratiche.Invece, la retorica intorno al muoversi per l’Unione Europea non potrebbe essere differente: libertà di movimento, roaming per internet e chiamate, assistenza sanitaria in tutta Europa, voli low-cost e più recentemente il “Covid Safety Ticket”; “Green-pass” per gli amici.Abbiamo 24 lingue ufficiali, ma te la puoi cavare ovunque con l’inglese e qualche parola del posto, specialmente se sei giovane e istruito.Dai, siamo uniti nella diversità. Che cosa straordinaria!Questa retorica è assai diversa dalla realtà sul posto.E per me che per un decennio ho vissuto e sostenuto la retorica europea, scoprire quanto incompleta e falsa sia questa promessa è stato un trauma identitario con i suoi su e giù negli ultimi 17 mesi.Nel film “Le idi di Marzo”, George Clooney immagina un carismatico, ateo candidato alla Presidenza degli USA; il quale alla domanda su come potesse entrare alla Casa Bianca senza una fede, risponde che crede nella Costituzione e su di essa giurerà.Possiamo discutere se gli USA di oggi sono all’altezza della loro promessa. Ma, non c’è discussione che gli USA esistano, e con loro, il popolo americano.Non posso dire lo stesso dell’UE.Posso vedere le sue istituzioni qui a Bruxelles ogni giorno, e sono consapevole della loro influenza sulla politica e leggi del continente.Ma esiste l’UE? Ci ho creduto, ma non la sento più.Gli Stati, ancor meno le organizzazioni internazionali, sono cose reali, non hanno sentimenti.Si può dire nei TG che l’Italia soffre, la Francia marcia, la Cina cresce, ma stanno effettivamente soffreno, marciando, crescendo? Gli Stati non hanno gambe e sistema nervoso. Ancor meno emozioni.Anche l’UE non ha emozioni, ma ha il potenziale di suscitarle.Non mi aspetto dagli Stati-nazione di suscitare emozioni; le nazioni sono strani strumenti di due secoli fa per romantici divenuti armi per pulizia ed evacuazione etnica, fino ad arrivare alla Guerra Civile Europea che ancora chiamiamo I e II Guerra.L’UE afferma d’essere diversa, un’unione che si basa su valori comuni.Al centro dell’UE compromesso, pace, prosperità, la Generazione Erasmus come cruciale protagonista.L’UE afferma d’essere un esempio per il mondo, in chiaro contrasto con gli sfruttamenti del passato.Ho creduto in tutto ciò, così arrivai 17 mesi fa a Bruxelles: nella capitale informale dell’UE.Solo ora ho una Carta di residenza come si deve, copertura sanitaria, e posso interagire decentemente negli uffici giorno per giorno, solo perché ho imparato un po’ di francese.Negli uffici comunali per stranieri, è quasi impossibile trovare qualcuno che parla inglese. La cosidetta bolla dell’UE scoppierebbe in due secondi senza un’armata di tirocinanti sottopagati che competono tra di loro con ogni mezzo: diplomi, master, lingue e conoscenze. Il risultato è che ogni anno le istutizioni europee mangiano e poi rigurgitano gran parte delle loro migliori forze per lasciargli un punto in più sul curriculum che la maggior parte delle persone non capirà.E per il resto di Bruxelles, sei una élite scollegata che lavora alla Commissione, vive nel quartiere europeo, in quell’area che quasi non è considerata parte della città.Potremmo avere un popolo, gli Europei, invece abbandoniamo senza identità e rappresentanza coloro che sono pronti a riconoscere i problemi del mondo, riconoscere e applicare soluzioni globali.In breve, stiamo gettando via il futuro di un continente, o almeno la migliore occasione d’avere la classe dirigente di cui abbiamo bisogno.Probabilmente dovremmo cantare:♫ Oh-oh! I’m European,and in this societyI don’t know who I am 🎝

Black History Month Bruxelles, EU | Audio a 12 stelle

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Feb 24, 2021
  Dalla rubrica "Audio a 12 stelle" da Bruxelles sul Black History Month nel corso della Puntata 3 del Podcast "Europa in Onda".Link al podcast: https://anchor.fm/europa-in-ondaLink al canale YouTube: http://tiny.cc/5rwltz English translation to follow.Noi federalisti ci interroghiamo sul futuro dell’Europa guardando alle sue istituzioni, ai politici e alle decisioni.Ma qui a Bruxelles possiamo guardare alle istituzioni europee in relazione alle persone, al dove, al luogo in cui sorgono.Spesso chiamiamo Quartiere Europeo l’area del Parlamento, Consiglio, Commissione come se siano sorti in un vuoto temporale e spaziale e nulla ci fosse prima. Ma in realtà “Quartiere Europeo” è una dicitura informale, sulle mappe l’area delle istituzioni è “Leopold Quarter”.Le fondamenta delle istituzioni poggiano quindi, letteralmente su terra che prende il nome dalla casa reale Belga: se Leopold I, in quanto primo Re del paese, si focalizzò su questioni interne al paese, suo figlio Leopold II fece quanto a fine Ottocento era più di moda tra i potenti europei dell’epoca.Colonizzare.E così colonizzò come nessun’altro mai fece. L’attuale Repubblica Democratica del Congo divenne per decenni sua proprietà privata personale e lui Re assoluto.Qui fondano le radici delle istituzioni europee.Molti, in Belgio, a discolpa del Re citano il fatto che non mise mai piede in Congo, ed è quindi ingiusto accostare i milioni di congolesi uccisi alla corona Belga.Però a funzionari, militari e missionari in Congo, Leopold II, nelle sue lettere, scriveva “non avete alcuna missione civilizzatrice o di cristianizzazione. Non è quello il vostro obiettivo. Il vostro fine è usare ogni possibile metodo per far sì che i neri del posto non si rendano conto delle ricchezze che stanno sotto i loro piedi. Devono essere quieti e sottomessi mentre prendiamo le loro risorse”.Ogni possibile metodo.Uno di questi, il più usato, fu il mozzamento delle mani.Al minimo cenno di ribellione o più semplice stanchezza veniva mozzata una mano.Cercate le foto.Qui fondano le radici delle istituzioni europee.Nel corso di quest’ultimo anno ho vissuto e lavorato presso l’Erasmus Student Network, e siamo soliti dire che quando usciamo dalla casa dell’associazione per andare nel nostro ufficio, prendiamo la metro in direzione Erasmus per poi scendere alla fermata Schuman a pochi metri dal Consiglio e dalla Commissione Europea.Tutto vero.Ma questa storia la possiamo raccontare diversamente.In ESN prendiamo la metro alla fermata Petillon, Maggiore dell’esercito di Leopold II che per anni terrorizzò il cosiddetto Congo Belga per conto del Re, e andiamo al Quartier Leopold.E quei pochi minuti di metro rendono chiara la connessione tra la storia dei monarchi del Belgio e la colonizzazione dell'Africa.Altrettanto chiaro dev’essere dove sono le radici delle istituzioni dell’Unione Europea.Perciò, quando ci interroghiamo sul futuro dell’Europa, e guardiamo alle sue istituzioni, chiediamoci anche come, da queste radici, possiamo offrire a questa e alle prossime generazioni fiori frutti migliori.Non basta costruire un’Europa unita, ma dobbiamo lottare perché l’Europa riconosca appieno il suo passato, trovi il suo posto nel mondo, e sia per tutti il sogno inclusivo di pace che da decenni è per molti europei.Da Bruxelles, buon #BlackHistoryMonth[EN]Us, European federalists, we often wonder about the future of Europe while we look at the EU institutions, the politicians and the decisions they make.But here in Bruxelles, we can look at the EU institutions in connection to the people and place in which they are.We often call “European quarter” the Parliament, Council, and Commission area as they stand in a temporal and spatial vacuum and nothing was there before. But, actually “European quarter” is the informal name, on the maps, the EU institutions area is “Leopold Quarter”.Hence, the foundations of the EU institutions literally stand on land named after the Belgian royal family: if Leopold I, as the first King of the country, mostly focused on internal issues, his son Leopold II did what at the end of the XIX century was in fashion among the powerful in Europe.Colonise.And so, Leopold II colonised as anyone never did. The current Democratic Republic of Congo became his private property for decades, and he was absolute King of it.Here the roots of the EU institutions are based.In Belgium, many say exculpatory about Leopold II that he never set foot in Congo. Therefore, it is unfair to put the millions of Congolese killed and the Belgian Crown side by side.However, to the officials, soldiers and missionaries in Congo, Leopold II, in his letters, wrote “you have no civilising or Christian mission, this is not your goal. Your aim is to use every possible method so that the local blacks won’t understand the prosperity under their feet. They have to be quiet and submissive while we take their resources.”Every possible method.One of them, the most used, was the hand-cutting.At the minimum sign of rebellion, or just tiredness a hand was cut.You can search for the photos.Here the roots of the EU institutions are based.During this last year, I lived and worked at the Erasmus Student Network. We usually say that when we leave the NGO home going to our office, we catch the metro towards the Erasmus terminus, and then we leave at Schuman station, a few meters away from the Council and the European Commission.It is all true.But we can tell this fact from a different angle.In ESN we catch the metro at the Petillon metro station, Major of Leopold II army, that for years terrorised the so-called Belgian Congo in the name of the King, and then we go to the Quartier Leopold.And those few minutes of subway clarify the connection between the Belgian royal family and the colonisation of Africa.Likewise, it is clear where the roots of the EU institutions are based.Therefore, when we wonder about the future of Europe, and we look at the EU institutions, we should also ask how, from these roots, we can let bloom better fruits and flowers, for this and next generations.It is not enough to build a united Europe. We have to fight so that Europe recognises its past fully, finds its place in the world and becomes for everyone the inclusive dream of peace from decades is for most Europeans.From Bruxelles, let’s celebrate the #BlackHistoryMonth