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Ieri su Primocanale si chiedeva ai giovani di non scappare da Genova, ma di cambiarla.
Insomma di votarsi ad una causa persa, sacrificando se stessi in una città bella, ma...
Perché adesso questa chiamata, sempre solo quando si balla sul baratro dell'emergenza, reagendo così in modo scomposto, spingendoci ancora un po' più giù, Perché?
Ai giornalsti piacerà il pathos, la storia, la lotta, ma questa città chiede di non essere svegliata, vuole i giovani per pulire le cantine per la prossima possibile alluvione, ma se i primi e i secondi erano "angeli del fango", i prossimi saranno simbolo di disperazione di una città immobile che vede il futuro come un fastidio, il presente come uno ostacolo, il passato come rifugio.
Questo non vuol dire darsi al disimpegno e girare le spalle alla nostra città, ma essere realisti, e non chiedere ai giovani genovesi di spendersi per cause superiori destinate a bruciare le speranze e le vite.
Smettiamola di fare appelli vuoti, generazionali, che nascono dall'inconscia voglia di scaricare le colpe su chi se ne va, ma presentiamo progetti e idee per Genova che possano impegnare i nostri tempi liberi, unire utile e dilettevole.
Perché salvare Genova deve essere un passatempo, non di più, non un "lavoro" visto che dopo poco questa città ti metterà in cassa integrazione, licenzia.
E se vogliamo trovare un nemico per ragioni sceniche, teatrali, non ammoniamo chi se n'è andato da Genova e l'Italia o sta per farlo, ma quel tappo, quella crosta, peggio della macaia, che copre Genova, fatta di vecchi dinosauri, ma non solo, e se non vogliamo mandarli in cantina, che è allagabile, mandiamoli in soffitta.

Alberto Spatola